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Abbracciare nuove abitudini

Un sano amor proprio può sostenere cambiamenti profondi

La potenza del pensiero muta il destino. L'uomo semina un pensiero e raccoglie un'azione; semina un'azione e raccoglie un'abitudine; semina un'abitudine e raccoglie un carattere; semina un carattere e raccoglie un destino
[Swami Sivananda]

Come nasce un’abitudine? Quando un gesto mette radici tanto profonde dentro la nostra vita da diventare una traccia così definita che ci ritroviamo a percorrerla ancora e ancora come un disco rotto? E perché?

Le nostre abitudini hanno origini lontane e si fondano sul bisogno rassicurante di ripetere qualcosa di noto, senza sforzo, senza affanno, senza sorprese. A volte sono atteggiamenti interiori che ci consentono di mantenere dolore e frustrazione in uno stato di indefinito ottundimento.  La nostra vita scorre immersa nelle abitudini, funzionali o disfunzionali, attraverso le quali ci culliamo nella chimera che tutto possa procedere sempre come un lungo fiume tranquillo.

In questo periodo di clausura forzata da pandemia, alcune delle nostre abitudini si sono rafforzate, altre si sono insinuate per darci nuovi binari da seguire senza troppi patemi.  Il perdurare del periodo di distanziamento ha consolidato alcune nostre tendenze, piccole pigrizie, idiosincrasie che possiamo facilmente riconoscere se mettiamo a fuoco la nostra quotidianità con la luce della consapevolezza e paragonandola a come si era prima.  

Più di tutti sono cambiati i ritmi. Per alcuni hanno subito un’insopportabile accelerazione (lo smart-working è diventato per molti una sottile forma di schiavitù che nega pause, pasti e intervalli), per altri i ritmi sono rallentati a tal punto da consentire l’affaccio su nuovi panorami esistenziali; il tempo dilatato di chi ha visto ridursi drasticamente gli orari di lavoro può aver generato frustrazione e depressione, ansia o rabbia. Lo stesso tempo libero ha aperto per altri nuove frontiere: corsi online a disposizione di tutti gli interessi e di tutte le tasche. 

Come fare per non subire passivamente queste nuove modalità di vivere, ma diventare protagonisti di un cambiamento del quale essere consapevoli?

(…) tendenzialmente occorre un minimo di circa 21 giorni affinché una vecchia immagine mentale si dissolva e una nuova si solidifichi
[Maxwel Maltz]

Per semplificare le teorie di M. Maltz, si è notato che per instaurare una nuova abitudine nella nostra quotidianità occorre radicarla profondamente, ripetendola per un minimo di 21 giorni, ma anche metabolizzandola attraverso esercizi di visualizzazione di noi stessi trasformati dall’acquisizione di questa abitudine. Si tratta dunque di compiere azioni nuove, più funzionali al nostro benessere fisico ed interiore, per un periodo di tempo sufficientemente lungo e con una motivazione così profonda da permetterci di integrarle nel nostro sistema corpo-mente. Ma forse non è sufficiente.

Quanti di noi si sono imposti diete e routine improbabili attingendo a consigli più o meno sensati che provenivano da fonti di dubbia autorevolezza? Il Web trabocca di regimi alimentari che promettono una nuova forma corporea, un nuovo benessere; pratiche fisiche estenuanti che nutrono il nostro ego salvo vederlo vacillare sotto il senso di colpa ogniqualvolta si sgarra dalla scheda?
Per quanto piene di buona volontà, queste routine non fanno che creare una lotta senza tregua tra mente e corpo: una che tira da una parte, l’altro che si oppone dall’altra… Un conflitto interiore che non può generare buoni frutti perché affonda le radici in un subdolo senso di imperfezione. Quante volte la nostra voce interiore ci ha ripetuto che “non siamo abbastanza” (…costanti, furbi, interessanti, divertenti, intelligenti, efficaci, giovani, saggi, magri…). Non importa da dove venga questa voce, il nostro giudice interiore è sempre in agguato a coglierci in fallo, a dimostrare che non ce la faremo mai a meno di… Da qui un senso pervasivo di insoddisfazione verso noi stessi e la tendenza a rimandare la nostra felicità al momento in cui avremo finalmente acquisito tutte le qualità e competenze che l’implacabile giudice ci impone.

Generare amore verso noi stessi comincia e finisce dalla compassione verso tutte quelle parti rifiutate di noi stessi. La guarigione avviene creando uno spazio accogliente per tutto ciò che accade dentro di noi: spazio per il dolore, il sollievo, la vergogna o la gioia
[Pema Chodron]

Le parole di Pema Chodron e di tutta la tradizione buddista richiamano allo sviluppo di un sano amor proprio, che ci permetta di abbracciare con dolcezza tutti i nostri limiti, le nostre ferite, le nostre battute di arresto. Questo amore “saggio”, che dobbiamo coltivare pervicacemente tutta la vita attraverso una presenza consapevole alla nostra vita interiore, saprà senza ombra di dubbio come orientare scelte e sforzi perché sintonizzato sui nostri desideri più autentici e profondi.

Giorno dopo giorno la luce della consapevolezza illuminerà le nostre azioni dimodoché vedremo sempre più chiaramente la radice innata del nostro agire.

Quando abbiamo sviluppato questo atteggiamento paziente e amorevole verso noi stessi, la nostra vita comincerà a cambiare: la ricerca di una sintonia tra mente e corpo ci farà affrontare strade e obbiettivi “nutrienti” che vadano nella direzione del nostro benessere, della nostra evoluzione. 

Smetteremo di paragonarci agli altri e agli ideali assurdi che la società consumistica ci propone per abbracciare senza riserve la nostra vera natura che è sempre in cerca di realizzazione, serenità, armonia.

Continueremo naturalmente ad incontrare ostacoli sul cammino, ma la fiducia che avremo costruito nelle nostre risorse sarà il sostegno per proseguire senza troppe ansie da prestazione. 

Se falliremo, avremo la saggezza di imparare dai nostri errori e potremo ripartire più spediti.

SCEGLIAMO CON CURA IL NOSTRO NUTRIMENTO. Tutti i suoni intorno a noi e tutti i pensieri che scorrono senza sosta nella nostra mente, possono essere considerati una sorta di cibo. Il cibo commestibile, quello che mastichiamo e deglutiamo fisicamente ci è familiare ma non è l’unico cibo che noi esseri umani consumiamo. Quello che leggiamo, le nostre conversazioni, gli spettacoli che guardiamo, i giochi che facciamo, le preoccupazioni, i pensieri, tutto è cibo. Non stupisce che spesso non abbiamo posto per bellezza e silenzio nella nostra coscienza. Ci stiamo riempiendo costantemente di moltissimi altri tipi di cibo.
[Thich Nhat Hanh]

Quando dentro di noi sentiamo il bisogno profondo di creare nuove abitudini o di abbandonare comportamenti disfunzionali, una buona pratica è seminare e nutrire queste intenzioni più volte nel corso di una giornata, lasciando che la nostra voce interiore trovi le parole giuste. 

Scegliamo la voce più amorevole che conosciamo e facciamo che sia lei a pronunciare queste frasi, come un mantra. Troviamo parole risonanti che ci proiettino nelle sensazioni di benessere che accompagnano il traguardo raggiunto: mi sento forte e sano perché so nutrirmi adeguatamente; sono paziente e ascolto prima di reagire; sono serena e realizzata nel mio lavoro; ho tutto quello che mi serve per essere felice; vivo bene all’interno di questo corpo, ho le risorse per affrontare qualsiasi problema … 

Scivolare nel sonno con queste frasi che risuonano al ritmo del respiro è il modo migliore per addormentarsi con buona energia e far penetrare le nostre intenzioni nel profondo affinché diventino sostanza vitale che lentamente trasforma la nostra mente-corpo.  

Note bibliografiche: 

Pema Chodron – SENZA VIA DI SCAMPO – Feltrinelli

Thich Nhat Hahn – IL DONO DEL SILENZIO – Garzanti