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Uno spazio dedicato in cui sapere di potersi fermare, sentirsi accolti, accuditi. Un ambiente privo di aspettative o giudizi. Uno spazio in cui lasciar sedimentare, recuperare sé stessi, i propri ritmi e riprendere una relazione serena con il proprio corpo.
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Arymo / Mindfulness  / Il nostro corpo è una cassa di risonanza

Il nostro corpo è una cassa di risonanza

La pratica sul corpo fisico come base per costruire la serenità interiore

Chi di noi non ha mai desiderato avere un corpo diverso? Più longilineo, più tonico, più flessibile, più giovane o più magro? La cultura imperante ci porta in conflitto con il nostro corpo fin dai primi anni di vita, per non parlare del suo naturale decadimento che ci lascia risentiti e sconcertati.

Eppure, il nostro povero corpo, vissuto come qualcosa di inadeguato, è lo strumento principale per dare avvio a un processo di rinascita alla vita e all’amore verso noi stessi.

Yoga e mindfulness sono due discipline che partono dal corpo affinché attraverso il corpo avvenga una trasformazione che ci conduce verso una ripacificazione con noi stessi e la nostra vita.

Per chi pratica yoga con serietà e applicazione è quasi spontaneo avvicinarsi alla meditazione di mindfulness, così come chi pratica mindfulness spesso sente il bisogno di avvicinarsi allo yoga per generare una relazione di ascolto più profondo del corpo che solo le pratiche sul tappetino possono regalarci. Non è un caso che nel protocollo MBSR (Mindfulness-Based Stress Reductuion) Jon Kabat-Zinn abbia inserito asana e body-scan tra le tecniche da cui partire per avvicinarsi alla Mindfulness.

La pratica ti porta nel momento presente, l’unico luogo in cui incontrare la vita. Cosa è sempre nel momento presente? Il tuo corpo, il tuo respiro sono sempre nel momento presente

In entrambe le discipline il corpo è il punto di partenza imprescindibile, l’unico luogo in cui può avvenire la liberazione, il risveglio, l’illuminazione il Samadhi o semplicemente la pace interiore.

Spesso definito dalla tradizione spirituale come tempio, dimora, nella quale sentirci “a casa”, il nostro corpo riesce a essere un tessuto grezzo e sottile insieme, fatto di ossa e muscoli, ma anche di fluidi, vibrazioni, pulsazioni ed energie impalpabili che solo nella quiete e nel silenzio possiamo riuscire a cogliere ed appprezzare.

Più passa il tempo e più l’esperienza di pratica, dentro e fuori il tappetino, mi fa comprendere che il corpo è la straordinaria cassa di risonanza della nostra vita. A mano a mano che si diventa sensibili alle sue vibrazioni ci si rende conto che ogni esperienza piacevole o spiacevole, intensa o sottile, risuona profondamente in noi a diversi livelli.  Lo yoga sul tappetino genera esperienze fisiche che risvegliano il corpo e sviluppano le nostre capacità di enterocezione, mentre la coscienza aperta delle pratiche di consapevolezza consente di penetrare sempre più profondamente il territorio avventuroso e selvaggio in cui si gioca la nostra vita. Si crea un dialogo aperto e disteso tra il dentro e il fuori, in cui essere più consapevoli di quanto ogni minimo avvenimento nelle nostre giornate generi sempre una risonanza interiore.

AHIMSA–METTA: PACIFICAZIONE E AMOREVOLEZZA

utti desideriamo la pace nel mondo, ma la pace nel mondo non sarà mai raggiunta se prima non stabiliamo la pace nella nostra mente-cuore
[Ghesce Kelsang Gyatso]

Quando ci si avventura nella letteratura millenaria che sostiene lo Hatha Yoga e le pratiche di Consapevolezza della tradizione buddista, ci si rende conto che esiste un linguaggio fatto di termini “fratelli” in cui risuonano e si completano significati analoghi. 

Ahimsa, non violenza, compare come uno degli Yama a fondamento degli Yoga Sutra di Patanjali; Metta, gentilezza amorevole, è considerata Brahmavihara, uno dei 4 doni incommensurabili della pratica buddista. Entrambi i concetti ci indicano la modalità con cui avventurarci nel territorio del nostro cammino interiore attraverso il corpo. Non deve esistere forzatura, competizione con sé stessi o obbiettivi predestinati se non quello di entrare sempre più profondamente in contatto con la vita che ci abita, istante dopo istante, di lasciarsi catturare dalla sua intensità, per poterla assaporare fino in fondo.

Nelle pratiche di Yoga e Mindfulness non c’è spazio per il giudizio e l’autocritica. Ogni esperienza, che sia piacevole spiacevole o neutra, viene accolta con curiosità, come un pretesto per approfondire la nostra conoscenza. Se lasciata risuonare e mai trattenuta, l’esperienza ci immerge nel tessuto complesso e cangiante della nostra vita. La coscienza impara a mantenersi aperta, espansiva e accogliente, capace di integrare tutto, senza cadere in ostaggio di nulla.

La qualità trasformativa delle due discipline si rivela quando ci si rende conto che Ahimsa e Metta contaminano piacevolmente la nostra vita quotidiana, quando cominciamo istintivamente a ribellarci a tutte i pensieri limitanti, le forzature, le rigidità e le reazioni spontanee e aggressive.  Fuori dal cuscino da meditazione e dal tappetino yoga ci giochiamo la nostra vita ed è su questo campo che l’efficacia delle due pratiche diventa concreta, evidente e utile per un’esistenza sempre più consapevole, risvegliata, serena.

METTERSI COMODI NELL’IMMOBILITA’ E NEL SILENZIO

La natura dello yoga è far brillare la luce della consapevolezza negli angoli più bui del corpo

Entrambe le pratiche partono dal gesto rivoluzionario di fermarsi e fare silenzio, qualcosa di inconcepibile per buona parte degli uomini e le donne del nostro tempo che fuggono l’inazione e la quiete come calamità. In effetti occorre coraggio per accettare la sfida del silenzio, per immergerci nel corpo immobile senza aspettative. Il silenzio rende incredibilmente risonanti tutte le esperienze: ansia e preoccupazione sembrano esplodere nello spazio interiore e spesso generano la fuga immediata di chi non trova forza e determinazione per incontrarle faccia a faccia.

L’esperienza dell’asana ci soccorre perché ci avvicina al mondo interiore partendo dall’attivazione del corpo e impegnando la mente a costruire innanzitutto una forma che sia stabile e confortevole, in cui ottimizzare tutti gli sforzi in modo da potersi “accomodare”.  Raggiunto lo stadio di immobilità si comincia ad attivare l’azione del respiro che ci permette di dinamizzare il corpo dall’interno e di sentirlo profondamente vivo e risonante. 

Con la pratica si diventa abili a spostare e direzionare il respiro là dove sentiamo di avere più bisogno. 

Dove va il respiro, va la coscienza; dove si dirige la coscienza si sposta l’energia.

Si prosegue poi espandendo la coscienza a tutte le esperienze che fluiscono nel tempo di tenuta dell’asana per integrare agio e sforzo, tensione e abbandono. Con il tempo ci si mette a proprio agio in una posizione di osservazione e ascolto sempre meno coinvolta e sempre più equanime, in cui assistere alla “danza degli opposti” che sembra scandita proprio dal respiro. L’onda del respiro ci “riporta a casa” ogniqualvolta la mente vaga, si allontana, aggiogata a un treno di pensieri. Grazie all’esperienza vissuta attraverso il corpo, la meditazione ci porta a familiarizzare con la vita che scorre continuamente in noi, a integrare tutte le sensazioni, gli stimoli, le energie che accompagnano ogni momento. In queste occasioni la pratica è stupore, proprio perché ci si scopre parte di un flusso, il corpo e la mente un mezzo flessibile attraverso il quale la vita scorre e si rinnova.

Fare pace con il nostro corpo, celebrarlo come il tempio in cui la vita risuona, è il primo passo verso la pacificazione con noi stessi.