“Making bad art is better than making no art at all”
Quando la mindfulness nel processo artistico è un valore aggiunto
[Francesco d’Assisi]Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista

Quando ci lasciamo conquistare dalla produzione artistica, a qualsiasi livello e impariamo a vivere l’esperienza in consapevolezza, scopriamo di avere a disposizione un serbatoio di energia, intuizioni, informazioni profonde a cui attingere ogniqualvolta ne sentiamo il bisogno.
Basta avere voglia di sporcarsi le mani, di lasciarci contaminare dalle suggestioni che colori, carte, timbri, colle, coriandoli, brillantini, spray, gessetti, pennini … suscitano in noi non appena accettiamo di utilizzarli, su un foglio, un muro o un qualsiasi altro supporto.
Il mio approccio alla mindful-art è cominciato grazie a Simona Menta che, durante uno dei suoi mirabolanti laboratori, mi ha introdotto alle meraviglie dell’Art-Journaling, la pratica di tenere un diario artistico da colorare, imbrattare, contaminare a piacimento seguendo gli insight che la pratica artistica genera. Mi ha introdotto all’utilizzo libero e creativo di diversi strumenti artistici facendomi intuire che il non avere alcun obbiettivo da raggiungere crea a livello interiore uno spazio infinito di possibilità creative. Mi sono sentita come Pinocchio nel Paese dei Balocchi!
[Thomas Merton]L’arte ci consente di trovare noi stessi e di perdere noi stessi nello stesso momento
Una pagina di art-journal non nasce da un progetto, ma da una emozione che si traduce in colore, in azione manuale. Questa pratica è in realtà un processo che ci consente, attraverso la pratica della mindfulness, di metterci in ascolto profondo di tutto quello che il gesto artistico genera in noi a livello fisico, emotivo e mentale. La parte più difficile di questo approccio è quella di imparare ad “abbassare il volume della mente razionale” (sempre pronta a giudicare, criticare, valutare) per lasciare spazio a quel nucleo profondo e silente di noi che, come un testimone distaccato, è in grado di osservare il fluire continuo di pensieri, emozioni, sensazioni corporee.
Quando questo Testimone si attiva è come se scoprissimo uno spazio interiore sconfinato in cui le cose accadono: un’area di esperienza pura, creativa, non contaminata da ragionamenti e pensieri dove lasciare fluire il nostro essere, incontrare la nostra fragilità, tenerezza, paura, tentennamenti. Il Testimone vede e accoglie, dà un nome e accudisce, incoraggia e consola …
I risultati di questo processo sono sempre stupefacenti, sulla carta si possono sovrapporre diversi strati di colori e suggestioni artistiche finché, proprio dal nostro mondo interiore, arriva la comprensione che il processo è finito e che, in quel momento, non c’è più nulla da aggiungere.
[George Bernard Shaw]Si usano gli specchi per guardarsi il viso, si usa l’arte per guardarsi l’anima
Ci si trova allora ad osservare la nostra opera ed è come se ci guardassimo per la prima volta allo specchio: sul foglio ci siamo noi, intimamente raccontati.
Nella fase finale di questo processo, se siamo riusciti a immergerci, potrebbero affiorare parole o frasi. Il linguaggio che emerge è come materiale arcaico che si solleva dal profondo. Queste parole sono come piccole bollicine che si staccano dal fondale e arrivano in superficie. Non sono mai parole scontate, a volte ci stupiscono proprio come i colori che abbiamo usato, a volte sono messaggi che il nostro sé più profondo ci regala perché è stato amorevolmente accudito e accarezzato …